Programma Educazione alla Pace presentato da Tindara Ignazzitto - Consulta per la Pace di Palermo

Programma di Educazione alla Pace - TPRF

domenica 7 febbraio 2010

Si aggrava lo stato di emergenza al Laboratorio Zeta di Palermo

Dopo oltre tre settimane nel corso delle quali è emersa l’assoluta incapacità del Prefetto e del Sindaco di Palermo nella ricerca di soluzioni immediate alla vertenza del Centro sociale Laboratorio Zeta di Palermo, l’Associazione Aspasia, locataria della struttura, in base ad un contratto stipulato con lo IACP nel 2002 ed in scadenza tra un anno senza essere stato mai messo in esecuzione, ha rifiutato ogni soluzione alternativa proposta dall’assessore comunale Di Giovanni, rivendicando ancora una volta proprio la sede dello Zetalab in via Boito.
Come riferisce Repubblica di venerdì 5 febbraio, la responsabile di Aspasia, nel corso di un incontro che si è svolto a Palermo nei giorni scorsi, ha insistito nella intenzione di “esercitare il nostro diritto” e di “proseguire le attività a favore dei bambini svantaggiati che portiamo avanti da oltre trent’anni. Adesso aspettiamo risposte dalla magistratura”. Un chiaro invito rivolto a chi potrebbe intervenire soltanto con misure di carattere repressivo, come si è già tentato di fare quando si è fatto ricorso ad un imponente schieramento di polizia e carabinieri per mettere in esecuzione una sentenza civile di rilascio di immobile. Ed è questo quello che l’associazione Aspasia vuole in modo sempre più evidente. Trasformare una questione sociale tanto rilevante in una città come Palermo, devastata dalla illegalità e dalla inefficienza, e priva di spazi sociali, in una questione di pubblica sicurezza e quindi anche giudiziaria. Si vuole ottenere lo sgombero forzato del Laboratorio Zeta ben prima e probabilmente anche oltre il fine di svolgere attività sociali. Un risultato di “ordine pubblico” che la associazione Aspasia persegue da anni, anni nei quali ha ricevuto ingenti finanziamenti pubblici.
Intanto i rifugiati che erano ospiti della struttura si trovano ancora costretti a dormire nelle tende sul marciapiede della strada antistante il centro sociale. Malgrado la vasta solidarietà che si è creata in città attorno alla vertenza il Sindaco non ha ancora deciso di intervenire adottando ordinanze contingibili ed urgenti, idonee a garantire la salute e l’incolumità dei sudanesi, che dispongano la prosecuzione della loro accoglienza nei locali del laboratorio Zeta.
Si percepisce sempre più chiaramente il tentativo di dividere i rifugiati sudanesi prospettando loro soluzioni effimere e temporanee, al pari della manovra imbastita da qualche testata giornalistica ( e non solo) che vorrebbe addossare anche su di loro la responsabilità dell’occupazione del Laboratorio Zeta. Quello che da più fastidio, forse, in questo momento è che i rifugiati sudanesi hanno deciso di presidiare dall’esterno il laboratorio Zeta e le loro tende aperte sul marciapiede antistante in una stagione così fredda rappresentano la denuncia più grave nella condizione di abbandono nella quale sono stati abbandonati per anni dalle istituzioni.
E nei loro confronti potrebbe spiegarsi presto anche un arma più subdola di ricatto, perché molti dei rifugiati sono in attesa da tempo del rinnovo del permesso di soggiorno da parte dell’Ufficio immigrazione della Questura di Palermo, un rinnovo dovuto per legge, anche senza presentare copia del passaporto, come invece richiesto dalla Questura di Palermo, un rinnovo reso a torto un atto discrezionale, che potrebbe essere utilizzato per “consigliare” loro l’abbandono dello spazio in via Boito. Per questo chiediamo ancora una volta all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati di vigilare sul rinnovo dei permessi di soggiorno, atti dovuti dall’Ufficio immigrazione della Questura di Palermo, nei confronti di persone che godono ancora dello status di rifugiati, senza farsi invischiare nelle trame diversive imbastite per disorientare e dividere al loro interno i sudanesi offrendo loro ricoveri provvisori ed ancora inagibili.
Come già scritto in una lettera rivolta al Presidente della repubblica, sottoscritta da decine di cittadini palermitani, lo Zetalab va restituito al più presto ai rifugiati che vi abitavano ed alle centinaia di persone che vi svolgevano a titolo totalmente gratuito attività sociale e culturale. Riteniamo “che sia irrazionale ed in aperta violazione dei diritti umani che vanno comunque riconosciuti ai rifugiati, e del diritto d’asilo che la nostra Costituzione indica tra i diritti fondamentali come il diritto alla salute ed il diritto all’abitazione, l’assegnazione di un immobile ad un’associazione privata per fini privati, che in base all’attuale quadro di autorizzazioni amministrative non vi potranno mai essere realizzati. Lo sgombero del laboratorio Zeta danneggia una esperienza di integrazione che noi ed i cittadini di Palermo, che ci sono vicini in questi giorni, vogliamo difendere. senza recare tuttavia alcun possibile vantaggio all’associazione procedente, che per quanto ci risulta potrebbe facilmente disporre di altri locali per svolgere le sue attività e che non avrebbe neppure presentato richiesta di autorizzazione per gli interventi edilizi necessari per la ristrutturazione dell’immobile- autorizzazioni che, allo stato, sarebbero peraltro negate perché in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti”.
Lo sgombero eseguito in forza di una sentenza del giudice civile resa nei confronti dello IACP in un procedimento nel quale sono rimasti estranei i rilevanti interessi pubblici e la funzione sociale del Laboratorio Zeta, non può recare alcun vantaggio all’associazione Aspasia, il cui contratto scade tra un anno, e di contro l’utilizzazione di questi locali per svolgere una attività di accoglienza che non è stata possibile in altre parti della città, come il vuoto di proposte del comune conferma ancora in questi giorni, rappresenta un venir meno agli obblighi di solidarietà e accoglienza previsti dalla normativa interna e comunitaria, oltre che dalla Costituzione, ma anche imposti dal dovere di rispettare la dignità umana di persone già vittime di persecuzione e costrette ad abbandonare il loro paese.
Per tali motivi rinnoviamo ancora una volta la richiesta di una nuova trattativa che coinvolga il Comune, l’ente proprietario, lo IACP, l’associazione assegnataria, ma che veda anche partecipare allo stesso tavolo i rappresentanti del laboratorio Zeta e dei rifugiati. Soprattutto lo IACP, ente proprietario dell’immobile, oltre che di un ingente patrimonio abitativo nella città di Palermo, deve assumere una posizione chiara, dopo che per anni non si è praticamente opposto all’azione civile intentata dall’associazione Aspasia.
Al di là di proposte impraticabili formulate dall’amministrazione comunale che avrebbe a disposizione solo locali immediatamente inagibili, come quelli ubicati presso il vecchio assessorato all’urbanistica, non basta certo qualche rassicurazione verbale in favore dei rifugiati, mentre permane la situazione di grave tensione che ha portato allo sgombero ed i sudanesi dormono ancora nelle tende sulla strada esposti alla pioggia ed al vento perché hanno paura a rientrare a dormire nella struttura dopo lo sgombero posto in essere con cariche e pestaggi dalle forze di polizia, dei quali presto si dovrà occupare la magistratura.
Abbiamo chiesto da tempo che le amministrazioni pubbliche si attivino per ripristinare i diritti negati di questi rifugiati e per restituire allo spazio del laboratorio Zeta la sua destinazione sociale. Oggi, dopo essere rimasti inascoltati per settimane, dopo che uno dei ragazzi sudanesi è stato ricoverato in ospedale ed altri cominciano ad avvertire sindromi influenzali, chiediamo ancora una volta la restituzione dei locali del Laboratorio Zeta di Palermo alla sua funzione di accoglienza e di aggregazione in un momento in cui, in tante altre parti del paese sembrano prevalere la discriminazione, la esclusione su base etnica e razziale, la xenofobia istituzionale.
Marco Pirrone - Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo


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